Cerchi sacri, rituali di purificazione quotidiana, ricerca attiva di visioni, danze per celebrare la nascita, la missione del “buffone”: che cosa ci insegna la cultura dei nativi americani.
“Non sapevo in quel momento che era la fine di tante cose. Quando guardo indietro, adesso, da questo alto monte della mia vecchiaia, ancora vedo le donne e i bambini massacrati, ammucchiati e sparsi lungo quel burrone… E posso vedere che con loro morì un’altra cosa, lassù, sulla neve insanguinata, e rimase sepolta sotto la tormenta. Lassù morì il sogno di un popolo. Era un bel sogno”.
Difficile oggi capire a che sogno alludesse Alce Nero, leader spirituale dei Sioux Lakota, nella sua lunga testimonianza raccolta dall’antropologo John Neihardt nel 1930 (pubblicata in Italia da Adelphi con il titolo Alce Nero parla). Difficile capirlo perché l’incontro tra nativi e nuovi arrivati, seguito alla scoperta dell’America e culminato con le guerre indiane, è andato tutto a scapito dei primi. Le loro tradizioni e il loro modo di vivere e di concepire il mondo sono andati in gran parte perduti, o sono stati rivisitati a uso e consumo degli occidentali. Ma gli “indiani” (così furono battezzati da Colombo, convinto di essere giunto nelle Indie) poco o nulla hanno a che vedere con la loro parodia, diffusa da innumerevoli film e fumetti e ormai radicata nel nostro immaginario.