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Il lavoro con le parti

A volte siamo sopraffatti da emozioni intense che fatichiamo a controllare: paura, rabbia, senso di impotenza. Il “lavoro con le parti” può aiutare a riconoscerne l’origine e a integrarle in modo efficace

“Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini”. Così scriveva, a metà ’800, Walt Whitman. Con queste parole, il poeta visionario americano metteva in luce un fenomeno che riguarda tutti: conteniamo una moltitudine di “parti”, da cui derivano pensieri e comportamenti contraddittori; riconoscerle e integrarle è un passaggio necessario per la comprensione e la cura di noi stessi.
In psicoterapia questo processo (dapprima studiato nei casi più eclatanti e rari di disturbo dissociativo d’identità, in cui le parti danno luogo a “personalità multiple”) si traduce nel
lavoro con le parti, approfondito tra gli altri da Onno Van der Hart, Janina Fisher, Jim Knipe e, in Italia, Maria Zaccagnino e Manuela Spadoni Continua a leggere

Il ruolo chiave delle emozioni

Bistrattate per secoli, le emozioni oggi sono al centro della ricerca scientifica. L’intervista alla psicologa Lavinia Barone.

Ritenute un residuo irrazionale del comportamento animale e per questo snobbate per secoli dagli scienziati (con poche eccezioni, tra cui Charles Darwin), da qualche anno a questa parte le emozioni stanno vivendo un momento di auge nell’ambito della ricerca scientifica. L’intervista a Lavinia Barone, docente all’Università di Pavia, autrice e curatrice di vari libri sulle emozioni, ricercatrice nel campo dello sviluppo emotivo dei bambini e degli adolescenti e dei disturbi legati a una cattiva regolazione delle emozioni.   Continua a leggere

Perché le relazioni sono importanti

La teoria polivagale chiarisce l’importanza delle relazioni sociali per il nostro benessere. A partire dalla relazione psicoterapeutica.

Veronica deve parlare di fronte a un centinaio di persone: è agitata, teme di fare una brutta figura, ma lo sguardo interessato e amichevole di uno spettatore della prima fila la tranquillizza e le permette di iniziare serenamente il suo discorso. Pietro, al suo primo giorno di scuola elementare, è spaventato perché non conosce il luogo né le persone: decide allora di presentarsi a un bambino a caso, dalla faccia simpatica, e mentre l’altro gli sorride e si presenta a sua volta la paura è già passata. Giovanni è preoccupato perché si è perso in un paese straniero: in un inglese stentato chiede informazioni a un passante, e il fatto che questi gli presti attenzione per cercare di comprenderlo e aiutarlo lo fa subito sentire meglio.
Sono tre esempi di “ingaggio sociale”, l’istinto a cercare di entrare in comunicazione con un nostro simile, anche sconosciuto, per “metterci in sicurezza” e placare una condizione di stress. Si tratta di un meccanismo di cui non siamo pienamente consapevoli perché mediato da una parte del sistema nervoso ancora poco esplorato, eppure alla base del nostro benessere: il sistema nervoso autonomo. Continua a leggere

La teoria polivagale

Con la teoria polivagale, Stepehn Porges chiarisce il ruolo del sistema nervoso autonomo nei disturbi post-traumatici

teoria polivagaleIl cervello? Sopravvalutato. Tendiamo a pensare che la massa gelatinosa racchiusa nel nostro cranio sia una specie di burattinaio che muove i fili del resto del corpo. Invece anche il resto del corpo manovra il cervello con gli stessi fili. Come spiega  il neurofisiologo americano Stephen Porges, la comunicazione tra cervello e corpo è bidirezionale e reciproca. Attraverso il sistema nervoso autonomo, i nostri visceri (cuore, polmone, intestino…) controllano il nostro comportamento almeno quanto la nostra mente, se non di più.  È questo il succo della “teoria polivagale” che sta minando alle basi alcuni paradigmi della medicina.

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