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Il triangolo drammatico

Vittima, Salvatore o Persecutore? Il triangolo drammatico aiuta a comprendere come nasce e si sviluppa una relazione “non autentica”.

triangolo drammaticoVi trovate in una relazione (con un partner, un parente, un amico, un collega…) caratterizzata da continui litigi e ripicche, o semplicemente provate la sensazione che ci sia qualcosa di “sbagliato” e profondamente insoddisfacente? Uno strumento che può essere utile ad analizzarla e a trovare il modo di risolverla è il triangolo drammatico, ideato da Stephen Karpman (allievo di Eric Berne, il fondatore dell’Analisi transazionale). Si tratta di un triangolo rovesciato ai cui vertici si trovano i tre possibili ruoli ricoperti dai due membri della relazione: Salvatore, Persecutore o Vittima. Secondo Karpman il “dramma” si consuma quando qualcuno passa da un ruolo a un altro, costringendo il proprio interlocutore a fare altrettanto.
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Intervista a Vittorio Gallese

Dalla simulazione incarnata alla neuroestetica. Le ricerche di Vittorio Gallese a vent’anni dalla scoperta dei neuroni specchio.

vittorio galleseAgli inizi degli anni ’90 un gruppo di ricercatori di Parma fece una scoperta che ebbe risonanza in tutto il mondo: mentre studiavano la corteccia motoria dei macachi, scoprirono che c’erano neuroni che si attivavano sia quando le scimmie compivano un’azione (come afferrare un oggetto) sia quando la vedevano eseguire da qualcun altro. Battezzarono quelle cellule “neuroni specchio”, inaugurando per le neuroscienze una nuova era (celebre fu la dichiarazione dello scienziato Vilayanur Ramachandran, che ebbe a dire: “I neuroni specchio saranno per la psicologia quello che il DNA è stato per la biologia”). Del team faceva parte anche Vittorio Gallese, forse il più versatile tra gli studiosi del gruppo parmense, che ha esplorato anche campi apparentemente lontani dalle neuroscienze, come l’arte e la psicologia.
Ecco che cosa mi ha detto durante una recente intervista.  Continua a leggere

La mente orientale

Mente orientale e mente occidentale sono diverse? La disciplina emergente delle “neuroscienze culturali” cerca di capire come la cultura di appartenenza condizioni lo sviluppo del cervello

mente orientale sararicciardelliChiariamo subito: non esiste una mente orientale e una occidentale. La mente è una sola. A essere diverse (sempre meno, tuttavia, a causa delle contaminazioni reciproche) sono la cultura orientale e quella occidentale, che possono influenzare lo sviluppo del cervello, notoriamente “plastico”.  Continua a leggere

Cari paradossi

Ci sconcertano ma al contempo ci rivelano la verità: ecco perché amiamo i paradossi. Ci avvicinano a quella che è la nostra vera natura, fatta di ambivalenze e contraddizioni. 

escherL’uomo è un animale razionale? Rispetto a quella di Aristotele, desta meno problemi la definizione di Platone, che si limitava a dire che “l’uomo è un bipede implume”. Che l’agire dell’uomo sia improntato alla razionalità è invece un’affermazione ben più azzardata, messa in discussione da generazioni di psicologi, e ultimamente anche da neuroscienziati. I tipici comportamenti umani sembrano troppo spesso pieni di contraddizioni, e più vicini ai paradossi (intesi come coesistenza di realtà opposte e apparentemente inconciliabili) che alla logica.
Secondo Anna Freud (figlia di Sigmund), la razionalità è più spesso usata per giustificare i propri comportamenti (per nulla razionali) piuttosto che per guidarli: la psicoanalista sosteneva infatti che la “razionalizzazione” fosse un meccanismo di difesa evoluto, adottato per renderci accettabili atteggiamenti, idee e sentimenti di cui non siamo in grado di riconoscere (o non vogliamo accettare) le reali motivazioni. Le neuroscienze (dal fenomeno dello split brain alle più recenti indagini sulla coscienza) hanno in parte confermato questa teoria. Insomma, la razionalità con il comportamento umano c’entra poco. Per parafrasare Aristotele, appare più corretto affermare che “l’uomo è un animale paradossale”.

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Dieci modi per convincere

La chiamano l’arte della persuasione. Per convincere i nostri interlocutori ad adottare la nostra posizione, insistere è la strada sbagliata. Serve pazienza e qualche accortezza psicologica.

convincereDiscussioni logoranti che portano a un nulla di fatto e a un grande senso di frustrazione: finiscono spesso così i tentativi di convincere qualcuno ad adottare il nostro punto di vista. Alcuni dei nostri interlocutori, anzi, sembrano totalmente impermeabili alla logica e alla razionalità.
Semplificando 
potremmo raggruppare i più “capatosta” in queste quattro categorie:
– I dogmatici. Partono da princìpi indiscutibili, di solito “verità di fede”, ed entrano in collisione con un’idea, anche se scientificamente dimostrata, se questa mette in discussione i loro assiomi.
– I complottisti. Per stabilire dove stia la verità individuano chi si avvantaggia in una determinata situazione: è la prova necessaria e sufficiente che costoro (che siano i politici, le case farmaceutiche, le multinazionali…) ne siano i responsabili. I complottisti hanno difficoltà a tollerare la complessità e le casualità che governano la vita. Sono particolarmente difficili da convincere perché, dal loro punto di vista, si muovono sui binari della razionalità.
– I tradizionalisti. Sposano un’idea perché è quella della maggioranza, o perché hanno sempre pensato che fosse così. Sono intellettualmente pigri, abitudinari anche nella vita e diffidano di qualsiasi novità.
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I “bulli”: vi ricordate di Fonzie, il personaggio del telefilm Happy days che non riusciva mai a dire “ho sbagliato”? Alcune persone si impuntano su una tesi solo perché ormai si sono pronunciate in tal senso, e ammettere di avere torto sarebbe una sconfitta personale. Per loro è più importante non perdere la faccia che stabilire quale sia la verità.
Quali sono, dunque, i trucchi per far cambiare idea anche al più irremovibile tra i nostri interlocutori?
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Il narcisismo

Disturbo di personalità o epidemia globale? Che cos’è davvero il narcisismo, termine entrato nell’uso quotidiano ma il cui reale significato quasi nessuno conosce.

narcisismo sricciardelli martaerba.itNarcisi lo siamo un po’ tutti. La differenza è che il fanciullo del mito si rifletteva in uno specchio d’acqua, noi nel display dello smartphone, tra un selfie e l’altro. Ci si scherza, ma la selfie-mania è solo la punta dell’iceberg dell’epidemia di narcisismo che sta contagiando il mondo: tutti ci teniamo a fare una buona impressione sugli altri, tutti spendiamo soldi ed energie per essere belli e apparire più giovani, tutti ci illuminiamo per ogni “mi piace” aggiunto ai nostri post su facebook o twitter. Ma allora, viene spontaneo domandarsi: se narcisisti lo siamo un po’ tutti… ha ancora senso considerare il narcisismo una patologia?

 

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