Archivi categoria: comportamento

I giochi psicologici

Tutti, inconsapevolmente, nelle nostre relazioni mettiamo in atto quelli che Eric Berne chiamava “giochi psicologici”, dinamiche ripetitive e insoddisfacenti. Come trasformare i giochi in momenti evolutivi.

Si tende a pensare che giocare sia divertente e piacevole, in realtà questa stessa parola è stata usata negli anni Sessanta dallo psicologo Eric Berne per definire situazioni apparentemente molto poco giocose, ovvero quelle dinamiche ripetitive, stereotipate e insoddisfacenti che caratterizzano molte relazioni. A questi “giochi psicologici” Berne ha dedicato nel 1964 il suo più grande successo editoriale, il testo A che gioco giochiamo, in inglese Games people play, elaborando una teoria che è stata un caposaldo dell’Analisi Transazionale. ma che oggi è stata profondamente rivista. Continua a leggere

Il lavoro con le parti

A volte siamo sopraffatti da emozioni intense che fatichiamo a controllare: paura, rabbia, senso di impotenza. Il “lavoro con le parti” può aiutare a riconoscerne l’origine e a integrarle in modo efficace

“Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono vasto, contengo moltitudini”. Così scriveva, a metà ’800, Walt Whitman. Con queste parole, il poeta visionario americano metteva in luce un fenomeno che riguarda tutti: conteniamo una moltitudine di “parti”, da cui derivano pensieri e comportamenti contraddittori; riconoscerle e integrarle è un passaggio necessario per la comprensione e la cura di noi stessi.
In psicoterapia questo processo (dapprima studiato nei casi più eclatanti e rari di disturbo dissociativo d’identità, in cui le parti danno luogo a “personalità multiple”) si traduce nel
lavoro con le parti, approfondito tra gli altri da Onno Van der Hart, Janina Fisher, Jim Knipe e, in Italia, Maria Zaccagnino e Manuela Spadoni Continua a leggere

Ansia: il male del secolo

L’ansia è diventata un’epidemia globale e colpisce soprattutto i più giovani: qualche indicazione per gestirla.

I dati del National Institute of Mental Health sono preoccupanti: soffrirebbe d’ansia quasi il 20 per cento delle persone, il 4 in forma grave, percentuali in linea con quelle europee e italiane. Che aumentano ancora se si considerano i più giovani: sono ansiose soprattutto le ragazze (quasi il 40 per cento) ma anche i maschi non scherzano (26 per cento). La colpa di questa epidemia sarebbe soprattutto dei cellulari e dei social. Esiste anzi una nuova forma di ansia che ha preso il nome di FOMO, acronimo per “fear of missing out”: la “paura di essere tagliati fuori” se non ci si collega al cellulare per essere aggiornati sugli ultimi eventi. Sempre più persone non sanno resistere all’impulso continuo di allungare la mano nella tasca o nella borsa per dare un’occhiata a facebook, whatsapp o instagram. E non è che soddisfando l’impulso l’ansia passa: in genere, anzi, peggiora a causa dell’invidia sociale, una forma particolare di rimuginio rancoroso e frustrato che colpisce chi osserva le vite (virtuali) degli altri considerandole migliori e più appaganti della propria. Continua a leggere

Se il capo è un narciso

Nelle aziende (e non solo) è difficile trovare persone realmente capaci nei ruoli di leadership. Come correre ai ripari nei casi di “leadership narcisistica”

Intelligente, autorevole, disponibile all’ascolto e in grado di valorizzare le idee dei dipendenti: è questo il capo dei sogni, che tutti vorrebbero incontrare ogni volta che varcano la porta del luogo di lavoro. Ma si tratta appunto di un sogno, che nella maggioranza dei casi si scontra con la dura realtà: nelle aziende e nelle organizzazioni, infatti, le leadership eccellenti sono più vicine all’eccezione che alla regola. È molto più frequente ritrovarsi un superiore borioso e arrogante, sentirsi un po’ come Fantozzi alle prese con il visconte Cobram, il “direttore totale” che maltrattava i dipendenti sottoponendoli a continue vessazioni e obbligandoli a compiacere ogni sua assurda richiesta. Continua a leggere

Intervista ad Angelique Del Rey

I sistemi di valutazione usati a scuola o sui luoghi di lavoro introducono una tirannia inedita, di cui diventiamo tutti inconsapevolmente schiavi. Il parere della filosofa francese Angelique Del Rey

La meritocrazia? Non è necessariamente un bene. Soprattutto se diventa il pretesto per alimentare il clima di competizione nelle scuole e sui posti di lavoro o per introdurre sistemi di valutazione che si dichiarano “oggettivi” ma che non possono esserlo. È quanto sostiene la filosofa francese Angelique Del Rey nel libro La tirannia della valutazione (editore Elèuthera). La Del Rey, che insegna in una scuola alla periferia di Parigi, è partita osservando gli effetti deleteri dei nuovi criteri valutativi sui suoi allievi. Rispecchiano, dice, una società che non si avvia affatto a diventare più efficiente e meritocratica, ma se mai più individualista, standardizzata e “malata”. L’abbiamo intervistata mentre era ospite al Festival della mente di Sarzana 2018. Continua a leggere

La terapia del perdono

Quando si subisce un torto, l’istinto è vendicarsi. In realtà la strategia migliore per liberarsi dalle emozioni negative non è la vendetta ma il suo contrario: il perdono. 

Chi la fa l’aspetti. Sangue chiama sangue. Quando subiamo un torto, la percezione immediata è che abbiamo diritto a un risarcimento. Che l’unico modo per ristabilire l’equilibrio e ritrovare la pace sia la vendetta.
È solo negli ultimi decenni che la ricerca scientifica si è soffermata sul tema, scoprendo quello che la maggior parte delle religioni suggerisce da tempo: la strategia più efficace per reagire a un’offesa, per proteggere la nostra salute fisica e mentale, è esattamente quella opposta. È perdonare. Continua a leggere

Il ruolo chiave delle emozioni

Bistrattate per secoli, le emozioni oggi sono al centro della ricerca scientifica. L’intervista alla psicologa Lavinia Barone.

Ritenute un residuo irrazionale del comportamento animale e per questo snobbate per secoli dagli scienziati (con poche eccezioni, tra cui Charles Darwin), da qualche anno a questa parte le emozioni stanno vivendo un momento di auge nell’ambito della ricerca scientifica. L’intervista a Lavinia Barone, docente all’Università di Pavia, autrice e curatrice di vari libri sulle emozioni, ricercatrice nel campo dello sviluppo emotivo dei bambini e degli adolescenti e dei disturbi legati a una cattiva regolazione delle emozioni.   Continua a leggere

Perché le relazioni sono importanti

La teoria polivagale chiarisce l’importanza delle relazioni sociali per il nostro benessere. A partire dalla relazione psicoterapeutica.

Veronica deve parlare di fronte a un centinaio di persone: è agitata, teme di fare una brutta figura, ma lo sguardo interessato e amichevole di uno spettatore della prima fila la tranquillizza e le permette di iniziare serenamente il suo discorso. Pietro, al suo primo giorno di scuola elementare, è spaventato perché non conosce il luogo né le persone: decide allora di presentarsi a un bambino a caso, dalla faccia simpatica, e mentre l’altro gli sorride e si presenta a sua volta la paura è già passata. Giovanni è preoccupato perché si è perso in un paese straniero: in un inglese stentato chiede informazioni a un passante, e il fatto che questi gli presti attenzione per cercare di comprenderlo e aiutarlo lo fa subito sentire meglio.
Sono tre esempi di “ingaggio sociale”, l’istinto a cercare di entrare in comunicazione con un nostro simile, anche sconosciuto, per “metterci in sicurezza” e placare una condizione di stress. Si tratta di un meccanismo di cui non siamo pienamente consapevoli perché mediato da una parte del sistema nervoso ancora poco esplorato, eppure alla base del nostro benessere: il sistema nervoso autonomo. Continua a leggere

La teoria polivagale

Con la teoria polivagale, Stepehn Porges chiarisce il ruolo del sistema nervoso autonomo nei disturbi post-traumatici

teoria polivagaleIl cervello? Sopravvalutato. Tendiamo a pensare che la massa gelatinosa racchiusa nel nostro cranio sia una specie di burattinaio che muove i fili del resto del corpo. Invece anche il resto del corpo manovra il cervello con gli stessi fili. Come spiega  il neurofisiologo americano Stephen Porges, la comunicazione tra cervello e corpo è bidirezionale e reciproca. Attraverso il sistema nervoso autonomo, i nostri visceri (cuore, polmone, intestino…) controllano il nostro comportamento almeno quanto la nostra mente, se non di più.  È questo il succo della “teoria polivagale” che sta minando alle basi alcuni paradigmi della medicina.

Continua a leggere

Il comune senso del pudore

Le origini del pudore, emozione squisitamente umana che si è evoluta nei nostri antenati probabilmente per proteggere la coppia.

pudoreSituazione 1: nel maggio 2015 quattro turisti occidentali si denudano sulla cima del monte sacro Kinabalu, in Malesia. Qualche giorno dopo vengono incarcerati: secondo le autorità del luogo il loro gesto avrebbe turbato gli spiriti e causato un violento terremoto.
Situazione 2: nel marzo del 1998 i servizi di sicurezza irrompono in un negozio di Palm Desert, in California, denunciano un probabile attacco terroristico a base di spore di antrace e intimano ai 200 clienti di spogliarsi per procedere alla decontaminazione. In tanti si rifiutano di denudarsi.
Si tratta di due vicende emblematiche: in entrambi i casi alcune persone hanno rischiato la vita, ma nel primo caso perché si sono spogliati senza vergogna, nel secondo perché hanno avuto vergogna di spogliarsi. Insomma: il senso del pudore, il naturale sentimento di vergogna per la propria nudità, è una faccenda molto più seria di quel che potrebbe sembrare.

Continua a leggere