La chiamano l’arte della persuasione. Per convincere i nostri interlocutori ad adottare la nostra posizione, insistere è la strada sbagliata. Serve pazienza e qualche accortezza psicologica.
Discussioni logoranti che portano a un nulla di fatto e a un grande senso di frustrazione: finiscono spesso così i tentativi di convincere qualcuno ad adottare il nostro punto di vista. Alcuni dei nostri interlocutori, anzi, sembrano totalmente impermeabili alla logica e alla razionalità.
Semplificando potremmo raggruppare i più “capatosta” in queste quattro categorie:
– I dogmatici. Partono da princìpi indiscutibili, di solito “verità di fede”, ed entrano in collisione con un’idea, anche se scientificamente dimostrata, se questa mette in discussione i loro assiomi.
– I complottisti. Per stabilire dove stia la verità individuano chi si avvantaggia in una determinata situazione: è la prova necessaria e sufficiente che costoro (che siano i politici, le case farmaceutiche, le multinazionali…) ne siano i responsabili. I complottisti hanno difficoltà a tollerare la complessità e le casualità che governano la vita. Sono particolarmente difficili da convincere perché, dal loro punto di vista, si muovono sui binari della razionalità.
– I tradizionalisti. Sposano un’idea perché è quella della maggioranza, o perché hanno sempre pensato che fosse così. Sono intellettualmente pigri, abitudinari anche nella vita e diffidano di qualsiasi novità.
– I “bulli”: vi ricordate di Fonzie, il personaggio del telefilm Happy days che non riusciva mai a dire “ho sbagliato”? Alcune persone si impuntano su una tesi solo perché ormai si sono pronunciate in tal senso, e ammettere di avere torto sarebbe una sconfitta personale. Per loro è più importante non perdere la faccia che stabilire quale sia la verità.
Quali sono, dunque, i trucchi per far cambiare idea anche al più irremovibile tra i nostri interlocutori?
Meglio non insistere. “Quando qualcuno è particolarmente resistente, occorre chiederci: non è che per caso siamo noi, con il nostro tentativo di fargli cambiare idea, gli artefici del suo irrigidimento?” avverte Matteo Rampin, psichiatra e ipnoterapeuta, autore di Tecniche di controllo mentale (Aurelia). “Molte persone, infatti, si autopersuadono sempre di più della propria idea a mano a mano che qualcuno la mette in dubbio”. Insomma, insistere troppo rischia di essere controproducente: occorre adottare strategie diverse.
Va detto che far cambiare idea a una persona è sempre difficilissimo. L’uomo è per sua natura un “conservatore cognitivo”, cioè tende a mantenere le proprie idee anche di fronte a prove che dimostrano il contrario. Quando ci formiamo un’opinione, infatti, tendiamo a mettere in atto metodi molto poco razionali: classifichiamo come prove le informazioni che confermano le nostre idee e come eccezioni quelle che le disconfermano. Inoltre siamo portati a frequentare chi la pensa come noi (o a leggere riviste e guardare trasmissioni televisive che rispecchiano le nostre idee) fino a che la nostra opinione si trasforma in certezza.
“Per fare cambiare idea a una persona è più utile usare, insieme alle argomentazioni razionali, anche l’arte della persuasione, cioè appellarsi alle emozioni, agli istinti, a ragionamenti che sembrano filare anche se in realtà non sono affatto logici” suggerisce Rampin. “Questo perché in realtà tutti noi, anche se non ce ne rendiamo conto, siamo restii a ragionare in modo logico”.
Ecco dunque dieci trucchi per riuscire a portare gli altri dalla nostra parte.
- Ascoltate. Il primo punto è mostrare disponibilità verso l’interlocutore, e dargli modo di esprimere le sue ragioni. Invece che fare affermazioni, all’inizio ponete domande, mostrandovi curiosi, accoglienti e rispettosi. Questo vi permette di stabilire una connessione emotiva. Non dimenticate che chi avvalora un’opinione irrazionale è mosso dalle emozioni più che dal ragionamento. Il che non deve però farvi pensare che la sua idea sia più debole della vostra: come ha osservato Antonio Damasio, neuroscienzato dell’University of Southern California a Los Angeles, ragione ed emozioni non sono in contrapposizione. Le emozioni sono anzi parte integrante di ogni processo decisionale, tant’è che se non ne proviamo non siamo in grado di prendere nessuna posizione. Quindi: le emozioni vanno capite e rispettate.
- Sincronizzatevi. Per favorire la connessione con l’interlocutore può essere utile assumere una postura a lui speculare, imitarne i gesti (senza esagerare!) e le espressioni. Serve a entrare in sintonia, è come dire: “sono simile a te”. Sintonizzate anche il vostro linguaggio, riprendendo le stesse parole ed espressioni. Evitate invece di atteggiarvi a professore: aumenta le distanze, raffredda il rapporto e spinge l’altro ad affilare le armi. A nessuno piace essere trattato da stupido: se fate il saputello, la battaglia è persa in partenza.
- Identificate le radici. Prima di proporre il vostro punto di vista, cercate di capire da dove provengono le sue idee. Alcune opinioni, infatti, non sono neutre, ma dicono chi siamo e a quale gruppo apparteniamo: è il caso, per esempio, della fede politica o di quella religiosa. Cambiarle significa rinunciare a un pezzo della propria identità, e questo non è facile per nessuno. Perfino gli scienziati, pur in presenza di prove eclatanti, faticano a cambiare idea se a quell’idea hanno dedicato la loro vita. Secondo Thomas Kuhn, filosofo statunitense, la scienza procede per “salti”, e non in modo lineare, perché gli studiosi più anziani, che detengono il maggior potere nell’ambiente scientifico, si oppongono alle idee che non si accordano ai loro paradigmi. Per imporre l’eliocentrismo è servita la rivoluzione copernicana.
- Fate argomentare. Date la possibilità al vostro interlocutore di fare un vero e proprio comizio, senza interromperlo e facendogli solo alcune domande per chiarire i punti oscuri del suo ragionamento, ma senza che ciò appaia una provocazione. A volte si darà da solo la zappa sui piedi. È quella che i ricercatori americani Leonid Rozenblit e Frank Keil chiamano “illusione della conoscenza profonda”: si è convinti di saper molte cose, ma quando si è costretti ad andare a fondo (come avviene ai genitori incalzati dai continui “perché?” dei bambini) prima o poi ci si impantana.
- Discutete di persona e non su internet. Uno dei luoghi meno “civili” per dialogare sono i social network. È noto che la rete pullula di “haters”, utenti che disprezzano e criticano distruttivamente gli altri. Inoltre le discussioni online sono prive del linguaggio corporeo, necessario per sintonizzarvi con l’altro e per correggere il tiro quando il discorso prende la piega sbagliata. Infine, scripta manent: chi si è espresso in un senso difficilmente ritornerà sulle sue idee, specie se la discussione avviene in una piattaforma pubblica. Ecco perché, come suggerisce Christie Aschwanden, blogger ed editorialista del Washington Post, piuttosto che discutere su Facebook è meglio farsi una birra al bar.
- Stimolate l’autostima. Prima di ogni “affondo” è importante valorizzare i punti buoni dei ragionamenti dell’altro, mostrando stima e apprezzamento. Come ha dimostrato Brendan Nyhan, politologo e docente al Dartmouth College, negli Stati Uniti, se una persona si sente accettata e considerata, invece che sfidata, sarà più predisposta a rivedere le sue posizioni e perfino ad accettare idee diverse dalle sue. Assecondare la visione dell’interlocutore non vuol dire sposare la sua tesi, ma sottolineare le sue “buone ragioni” e mostrare di comprenderle. Serve a disarmarlo.
- Non abbiate fretta. Gutta cavat lapidem, dicevano gli antichi Romani, cioè la goccia scava la pietra: con pazienza, e a piccole dosi, si arriva a modificare anche le posizioni più rigide. Secondo Howard Gardner, docente di psicologia all’Università di Harvard, cambiare idea d’un botto è quasi impossibile. Tutti hanno bisogno di tempo per abituarsi a un’idea nuova, per raccogliere più elementi possibile e valutare i pro e i contro. “Napoleone diceva: ho fretta, quindi vado lentamente” ricorda Rampin. “Andare piano porta più rapidamente ai risultati perché si evita che l’interlocutore eriga barriere difensive rigide e insormontabili”. Insinuare qualche dubbio, soprattutto in caso di idee fortemente identitarie (vedi punto 3), è già un risultato di cui andare soddisfatti.
- Focalizzatevi sui fatti. Più che sull’idea in sé, che chi è convinto fatica ad abbandonare, meglio concentrare le proprie energie sui fatti che la contraddicono, o sulle eccezioni che potrebbero rendere accettabile all’altro quella tesi. “Persuadono più i fatti che le parole” puntualizza Rampin “quindi si dovrebbe cercare di rendere concrete le nostre argomentazioni con immagini vivide o esempi tratti dall’esperienza dell’interlocutore”. Se una persona rifiuta le teorie di Darwin perché contraddicono la Bibbia, può essere utile ricordare che molti cattolici (meglio fare nomi e cognomi di comuni conoscenze) credono nell’evoluzione e non per questo smettono di credere in Dio. Insistere sulla fallacia di una convinzione, al contrario, ottiene solo di rinforzarla.
- Coltivate l’arte del paradosso. Le affermazioni paradossali sono utili a sgretolare le certezze. Sono destabilizzanti, mandano l’altro in confusione, rendendolo più predisposto a lasciare spazio alle idee altrui. Per questo ne faceva largo uso anche Milton Erickson, il fondatore dell’ipnosi moderna, con i pazienti più resistenti. Esempi di affermazioni paradossali sono: “la sicurezza è la cosa più pericolosa del mondo” (Huge Walpole), o “Confessare una debolezza è un gesto di superiorità” (Dino Basili) o ancora “Ogni volta che la gente è d’accordo con me, ho la sensazione di avere torto” (Oscar Wilde, un vero maestro dei paradossi).
- Non date per scontato di avere ragione. Si tratta di un punto fondamentale, in mancanza del quale i nove trucchi precedenti falliscono miseramente: se partite con la certezza che la vostra idea sia quella giusta, il vostro interlocutore si sentirà manipolato e preso in giro. È quindi importante essere sempre disposto a cambiare idea in presenza di elementi nuovi che mostrano la questione sotto una luce diversa. Per restare nel campo dei paradossi: è irrazionale anche perseguire la razionalità a tutti i costi. In altre parole: se usate tutti gli accorgimenti che vi abbiamo suggerito e la situazione non cambia di una virgola, può anche essere che… il vero capatosta siate voi!
Marta Erba
(Articolo pubblicato su Focus 275, settembre 2015)