Le rimuginazioni ossessive

Nel tentativo di risolvere un dubbio, la mente ne crea un altro, e da questo ne nasce un altro ancora. Come nascono le rimuginazioni ossessive, e come uscirne.

rimuginazioniLo conoscete il “paradosso dell’orso polare”? Se qualcuno vi dice: “Nel prossimo minuto non pensare a un orso polare!”, voi non potrete fare a meno di visualizzare l’animale. È il meccanismo alla base delle rimuginazioni ossessive, pensieri ripetitivi e intrusivi di cui non ci si riesce a liberare. La difficoltà nasce proprio dal fatto che chi ha questi pensieri fa di tutto per resistervi, per sopprimerli, per cercare di cacciarli dalla sua mente. Questo sforzo continuo non solo è inutile, ma è la ragione per cui diventa impossibile smettere di rimuginare, e si finisce col sentirsi intrappolati in una battaglia senza fine.

Trappole
La prima trappola in cui si cade è proprio questa: più ci si sforza di non pensare a una cosa, più in realtà ci si pensa. Facciamo un paio di esempi. Elena teme che il suo compagno possa abbandonarla. Luisa, invece, è ossessionata dall’idea che il figlio possa avere un incidente in moto. All’inizio sono solo ipotesi, ma nel giro di poco tempo diventano un chiodo fisso, ed entrambe finiscono per passare gran parte del tempo a fantasticare su questa eventualità. Più cercano di non pensarci, più nella loro mente si insinuano strane idee: Elena immagina il fidanzato che le rivela di non amarla, Luisa visualizza il figlio grondante di sangue o riverso sulla strada senza vita. 
Seconda trappola: il rimuginìo continuo finisce per rendere la cosa pensata più verosimile di quello che è. “Vedendo con la mente” il compagno disamorato o il figlio gravemente ferito, Elena e Luisa finiscono per percepire l’evento temuto come molto probabile. C’è infine una terza trappola, più sottile: poiché l’evento non si verifica (il compagno di Elena continua a essere innamorato di lei, e il figlio di Luisa rientra ogni sera sano e salvo), entrambe le donne possono convincersi che sono proprio i loro pensieri ossessivi ad averle protette. Così le rimuginzioni diventano una sorta di rituale magico-scaramantico per continuare a “controllare” queste situazioni. Un vero e proprio corto circuito.

Catene di dubbi
Può capitare a tutti? Probabilmente sì, ma alcune persone sono più predisposte di altre: chi ha un senso di responsabilità esagerato, per esempio, chi è propenso ai sensi di colpa, chi tende a sovrastimare i pericoli, chi fatica a tollerare l’incertezza. Ma soprattutto chi è portato a pensare più che a sentire, cioè chi tende a reprimere i propri vissuti emotivi e dolorosi, trasformando le emozioni in rimuginazioni interne.
Chi è vittima di questo problema, in genere comincia col farsi prendere da un timore, quindi esamina tutte le possibilità di pericolo, focalizzandosi sull’ipotesi peggiore, allo scopo di dimostrarle false. Ma l’intento fallisce, poiché la certezza assoluta non è mai possibile. Al contrario ogni dubbio finisce per alimentare ulteriori dubbi, ai quali la persona cercherà di dare risposte ragionevoli, ottenendo invece di invischiarsi in una catena ossessiva e infinita di dubbi. A un certo punto nemmeno si ricorderà più del dubbio da cui tutto era partito: perde il controllo della propria mente, che non riesce a fare altro che rimuginare in continuazione sugli stessi pensieri.

Come uscirne
Per evitare di diventare preda di pensieri ossessivi, è fondamentale abituarsi a riconoscere e a esprimere le proprie emozioni, e a chiedere “carezze emotive” quando se ne sente la necessità. Spesso alla base delle ossessioni c’è un problema di solitudine: si dialoga con se stessi perché si è soli, ma il confronto con sé non può essere dialettico, è invece ripetitivo e potenzialmente infinito.
Una tecnica che può essere utile a fermare i pensieri ossessivi è stata ideata dal gruppo di Giorgio Nardone di Arezzo (psicoterapia strategica) e consiste nel “bloccare le risposte per inibire le domande”. Poiché il problema sono i dubbi irragionevoli di partenza, ma questi dubbi intrusivi non si possono bloccare (poiché pensare di non pensare equivale a pensare ancora di più), quello che si può volontariamente bloccare sono i tentativi di dare risposta ai dubbi, che aprono al circolo vizioso di domande e risposte senza fine. Imparando a bloccare le risposte, si arriverà gradatamente a inibire le domande, perché sono le risposte ad alimentare i dubbi e a creare il problema.
Altra strada potenzialmente utile è la mindfulness, ossia esercizi di meditazione focalizzati sull’attenzione consapevole rivolta ai propri processi mentali senza esprimere giudizi o valutazione nei loro confronti. Ciò produce, nel tempo, un distacco emotivo dai pensieri, che possono così essere lasciati andare senza elaborarli ulteriormente, riprendendo così la propria vita di tutti giorni.
Ci sono infine tecniche cognitivo-comportamentali che aiutano a imparare ad accettare i pensieri senza lottarci, e che favoriscono col tempo una naturale presa di distanza. Per esempio, si può immaginare di trovarsi davanti a un ruscello, e di appoggiare idealmente i propri pensieri su foglie che vi scorrono, guardandoli scivolare via. Oppure si può dare un “titolo” al filone dei propri pensieri, come se fosse un film, e limitarsi a osservare la proiezione del film nella propria mente. O ancora si può guardare ai propri pensieri come fossero pop-up del computer che si aprono mentre si naviga su internet, o come sottotitoli fastidiosi che passano mentre si vede un film alla tv.

 

 

 

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